22 febbraio 2010

A single man

Ignorato soprattutto per l'uscita in concomitanza con Avatar, e ormai poco reperibile nelle sale, è uscito in Italia il film tratto dal magnifico romanzo di Christopher Isherwood, dopo essere stato presentato soprattutto in virtù della regia dello stilista Tom Ford.
Se il libro è per lo più uno sfogo contro la società occidentale, contro il consumismo, contro l'intolleranza, il segnale di disperazione d'un letterato che non trova più appigli nei libri, il film punta sul versante dei sentimenti del protagonista.
A leggerne oggi, il George del libro somiglia al Walt eastwoodiano di Gran Torino e al Carl di Up (non a caso, due dei migliori film dello scorso anno); per quanto concerne l’anno in cui il libro uscì (1964), le parole di Isherwood paiono anticipare d'un anno l'urlo dylaniano "How does it feel?".
Il George di Colin Firth è (oltre che molto più alto) più sognante e delicato del personaggio di Isherwood. Se nel libro il professore cova la propria rabbia, nel film la esterna con interlocutori che raramente lo ascoltano davvero, mentre a volte addirittura la mette completamente da parte per lasciarsi andare a complimenti molto poetici verso chi ha di fronte. Non c'è così nulla di scontato nel suo dialogo con la segretaria che non lo capisce o col ragazzo di strada che invece, dopo un iniziale spaesamento, lo comprende appieno o con l'amica Charley (il personaggio più fedele al romanzo), la dolentissima Julianne Moore.
Gli altri reagiscono di nascosto. Nel film, l'omofobia di Strunk, il vicino, è fatta trapelare dalle dichiarazioni senza malizia della figlia di questi (il padre darebbe il professore in pasto allo scorpione chiamato machisticamente Charlton Heston perché George metterebbe "le scarpe coi tacchi"). Nel libro, la signora Strunk legge saggi di psicologia spicciola con giustificazioni compassionevoli ma piene di sdegno riguardo l'omosessualità.
Il Male che crea altri mali, definendoli tali e nascondendoli. Tanto diffuso nell'Italia cripto-fascista di (solo?) oggi, nell'Occidente misogino, omofobico, consumista e retto dal culto dell'idiozia.
Tom Ford ha modo di concedersi un pò d'attenzione allo stile; realizzando (con il concorso del pentito Chris Weitz, ex regista di American Pie, passato poi a La bussola d'oro, rimasto senza seguito grazie alla censura) un film tanto bello, dettagliato ma scarno, permettendosi persino il lusso di una sequenza onirica iniziale piuttosto scontata. E' soprattutto il film (finalmente) di Colin Firth; dopo averlo visto, la coppa Volpi assegnatagli pare un'ovvietà.

Tommaso de Brabant

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